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Lettori di impronte digitali: come funzionano ?

Da quando gli scanner di impronte digitali sono apparsi per la prima volta sugli smartphone nel 2011 sono diventati praticamente una caratteristica standard. Sono veloci, convenienti e relativamente sicuri dal momento che le nostre impronte digitali sono sufficientemente uniche (a meno che qualcuno non ne realizzi un duplicato ben fatto).

Non esiste un solo tipo di lettore di impronte: alcuni scanner si affidano alla luce, altri all’elettricità ed altri ancora al suono per mappare le creste e le valli delle nostre impronte. I sensori capacitivi (sensori elettronici) sono popolari negli smartphone perché sono precisi, piccoli e veloci, ma le tecnologie ottiche ed a ultrasuoni hanno il vantaggio di consentire anche la scansione “in-display”. Ma cosa succede in quei millisecondi subito dopo aver messo il dito su uno scanner?

Lettori ottici:

Il tipo più comune di scanner per impronte funziona con la stessa logica di una fotocamera digitale. Semplificando basta scattare una foto del dito ed inviarla per l’elaborazione. L’idea generale è la seguente:

  1. Lo scanner illumina il dito con l’ausilio di un LED e scatta una foto.
  2. Se il valore medio dei pixel della foto è troppo scuro o troppo chiaro regola l’esposizione e riprova.
  3. Controlla anche la qualità della risoluzione verificando se le aree scure e quelle chiare si alternano in modo coerente con creste e valli chiaramente definite.
  4. Se l’immagine è adeguata può essere elaborata

Questo tipo di scanner è più comune in luoghi come stazioni di polizia, aeroporti e ingressi protetti, ma non viene spesso utilizzato negli smartphone per i quali si prediligono i sensori capacitivi, più piccoli e sicuri. Una eccezione sono gli smartphone che hanno lo scanner “in-display”, alcuni dei quali utilizzano sensori ottici o ad ultrasuoni sotto lo schermo per ottenere l’immagine. Anche in questo caso però i sensori ottici tendono a perdere terreno a favore degli scanner ad ultrasuoni che sono si più lenti, ma hanno il vantaggio di non poter essere ingannati da immagini bidimensionali delle vostre impronte digitali.

Lettori capacitivi:

Quando mettiamo il dito su uno scanner capacitivo vengono utilizzate piccole quantità di elettricità per misurare la distanza tra le diverse parti dell’impronta e lo scanner. All’interno dello scanner ci sono file di piccoli condensatori, ognuno dei quali contiene una carica elettrica. Se uno dei condensatori si trova al di sotto di una delle creste dell’impronta può caricarsi maggiormente in quanto viene a contatto con la pelle. Se invece si trova sotto una valle il condensatore rimarrà a contatto con l’aria il che non gli permetterà di immagazzinare carica supplementare.

Si può in qualche modo pensare a questi condensatori come ai pixel in una macchina fotografica. Se uno contiene più carica può essere interpretato come un’area di cresta, mentre gli altri sono letti come valli. L’insieme di tutte le misure prese nel loro complesso danno un’immagine dell’impronta digitale altrettanto accurata come quella di un sensore ottico, ma ancora più sicura dal momento che per ingannarla sarebbe necessario un modello tridimensionale dell’impronta digitale piuttosto che solo un modello bidimensionale. Questo, combinato con le sue dimensioni più piccole, rende gli scanner capacitivi una scelta molto popolare tra i produttori di smartphone.

Lettori ad ultrasuoni:

Se è possibile leggere le impronte digitali con la luce e l’elettricità, perché non con il suono? Gli scanner ad ultrasuoni emettono un impulso sonoro ad alta frequenza che rimbalza dalla punta delle dita dell’utente al ricevitore dove un sensore è in grado di misurarlo. Questo sensore valuta l’intensità dell’impulso di ritorno in diversi punti del dito ed utilizza questi dati per calcolare dove si trovano le creste e le valli, un po’ come un pipistrello che vola emettendo ultrasuoni ed ascoltando gli echi.

Poiché le onde sonore possono anche misurare la profondità delle valli in un’impronta digitale la mappa risultante è tridimensionale, il che rende gli scanner ad ultrasuoni più precisi e sicuri (anche se un po’ più lenti) rispetto ai modelli capacitivi. Questo tipo di scanner può anche funzionare sotto il display, in quanto le onde sonore possono attraversare facilmente il vetro, rendendoli un’alternativa più sicura rispetto alle versioni ottiche.

Analizzare, memorizzare ed utilizzare un’impronta:

Dopo che l’immagine è stata catturata utilizzando la luce, l’elettricità o il suono, il software deve poter controllare se l’impronta digitale corrisponde ad un utente autorizzato. Per capire se le impronte digitali corrispondono si valutano principalmente le “minuzie”, cioè – semplificando – le terminazioni o le biforcazioni delle creste.

A ciascuna di queste caratteristiche viene poi assegnata una posizione rispetto alle altre minuzie rilevate ed utilizzando la distanza e l’angolo tra ogni elemento il software dello scanner può creare una sorta di mappa che può essere rappresentata da una sequenza di numeri. Tale sequenza rappresenta l’impronta digitale codificata.

Tutti i dati delle impronte digitali che i nostri dispositivi memorizzano, anche se si tratta solo delle mappe delle minuzie, sono generalmente protetti in un ambiente sicuro, isolato dalle altre applicazioni che potrebbero cercare di accedere a tali informazioni. Inoltre tutte le applicazioni o i siti web a cui si accede utilizzando l’impronta non riceveranno mai i dati delle impronte digitali, ma solo la conferma dal nostro dispositivo che l’impronta digitale che è stata scansionata corrisponde a una di quelle in memoria.

Quanto sono sicuri ?

Gli scanner di impronte digitali non sono il modo più infallibile per controllare l’accesso ad una risorsa riservata poiché possono essere ingannati da buone riproduzioni in 2D o in 3D delle nostre impronte, ma stanno migliorando sia in termini di accuratezza che di velocità, mentre i protocolli di sicurezza per la memorizzazione e gestione dei dati delle impronte digitali sono già abbastanza robusti (a patto che vengano utilizzati).

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